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UNK di Protvino: il mega collisore sotterraneo incompiuto
Dall’U‑70 all’UNK: ascesa e abbandono del collisore di Protvino
UNK di Protvino: il mega collisore sotterraneo incompiuto
Scopri la storia dell’UNK di Protvino: un collisore sotterraneo di 21 km nato accanto all’acceleratore U‑70 e mai completato. Origini, crisi, usi e prospettive.
2025-12-02T07:38:37+03:00
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A circa 130 chilometri dalla capitale si trova un sito paragonabile, per scala, a una linea circolare della metropolitana. È il complesso sotterraneo UNK: un anello lungo 21 chilometri con un diametro di circa cinque metri. Nato come balzo in avanti per la scienza sovietica, si è trasformato in una delle imprese abbandonate più enigmatiche del Paese.Una città sorta sul fondo di un antico mareIl luogo prescelto si trova al confine tra le regioni di Mosca e Kaluga. Negli anni Sessanta qui nacque la città della scienza di Protvino. Una scelta che, a posteriori, suona logica: l’area poggia sui sedimenti di un mare scomparso da tempo, terreni stabili alle vibrazioni, ideali per grandi strutture che richiedevano protezione dai rischi sismici.Protvino fu progettata come polo di ricerca con una trama urbana confortevole. Le abitazioni venivano costruite su progetti individuali e interi isolati conservavano il bosco originale. La città offriva scuole, negozi e una Casa degli Scienziati che ospitava artisti in tournée. Per i fisici, le condizioni erano, per gli standard dell’epoca, decisamente privilegiate.Come nacque il primo acceleratoreLa costruzione iniziò nel 1961, con finanziamenti senza precedenti e sotto la guida di specialisti militari che avevano già esperienza in strutture simili. Così prese forma l’acceleratore U‑70 — oggi il più potente in Russia. L’impianto è un grande anello di circa un chilometro e mezzo, racchiuso in un colossale magnete da 20.000 tonnellate. Qui le particelle vengono accelerate a velocità prossime a quella della luce per studiarne le collisioni; i ricercatori testano anche gli effetti delle radiazioni sull’elettronica e sviluppano tecniche per colpire con precisione i tumori.Perché serviva un collisoreLa logica dell’acceleratore viene spesso paragonata allo smontare un giocattolo: per capire com’è fatto qualcosa, a volte bisogna romperlo. In fisica le particelle si scontrano a energie immense e i loro “frammenti” svelano processi al cuore della materia. Ma ricerche a quel livello richiedono tecnologie imponenti — e budget all’altezza. Per questo il passo successivo, il complesso UNK di acceleratore e accumulo, divenne il più grande cantiere dell’ultimo periodo sovietico.L’ultimo anello dell’UnioneNel 1983 iniziarono i lavori per un nuovo tunnel sotterraneo. Il piano prevedeva due anelli: l’esistente U‑70 e un gigantesco anello UNK da 20 chilometri. L’avanzamento fu lento fino alla decisione del 1987 di accelerare i tempi. Un anno dopo l’Unione Sovietica acquistò moderne talpe meccaniche e lo scavo procedette molto più rapidamente. Entro il 1989 la maggior parte dei tunnel era stata aperta.Poi, all’inizio degli anni Novanta, il progetto si scontrò con una crisi finanziaria. Si tentò di metterlo in conservazione, ma persino questa misura risultò troppo costosa. Senza una manutenzione adeguata, gli stessi tunnel avrebbero potuto trasformarsi in un fattore di rischio per la regione.L’anello fu chiuso — troppo tardiNel 1994 le squadre collegarono gli ultimi segmenti, completando di fatto il tunnel da 21 chilometri. Ma i fondi non bastavano più nemmeno per pagare gli stipendi. A segnare il destino dell’opera fu la decisione della Russia di partecipare alla costruzione del Large Hadron Collider in Europa: da allora le prospettive dell’UNK divennero incerte e terminarlo venne considerato economicamente privo di senso.Cosa resta oggiUna parte dell’infrastruttura dell’UNK giace abbandonata, mentre altre sezioni sono sorvegliate. Ogni anno vengono stanziati fondi per pompare via l’acqua e mantenere il sito in sicurezza. Le proposte spaziano dal rilancio come centro di ricerca alla trasformazione in un percorso turistico, ma si infrangono tutte contro lo stesso ostacolo: i costi.Eppure l’U‑70 continua a funzionare. Resta un’infrastruttura di ricerca di rilievo, dove si svolgono ancora esperimenti di calibro internazionale — un promemoria tangibile di un’eredità scientifica che non si è spenta.
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Dall’U‑70 all’UNK: ascesa e abbandono del collisore di Protvino
Scopri la storia dell’UNK di Protvino: un collisore sotterraneo di 21 km nato accanto all’acceleratore U‑70 e mai completato. Origini, crisi, usi e prospettive.
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A circa 130 chilometri dalla capitale si trova un sito paragonabile, per scala, a una linea circolare della metropolitana. È il complesso sotterraneo UNK: un anello lungo 21 chilometri con un diametro di circa cinque metri. Nato come balzo in avanti per la scienza sovietica, si è trasformato in una delle imprese abbandonate più enigmatiche del Paese.
Una città sorta sul fondo di un antico mare
Il luogo prescelto si trova al confine tra le regioni di Mosca e Kaluga. Negli anni Sessanta qui nacque la città della scienza di Protvino. Una scelta che, a posteriori, suona logica: l’area poggia sui sedimenti di un mare scomparso da tempo, terreni stabili alle vibrazioni, ideali per grandi strutture che richiedevano protezione dai rischi sismici.
Protvino fu progettata come polo di ricerca con una trama urbana confortevole. Le abitazioni venivano costruite su progetti individuali e interi isolati conservavano il bosco originale. La città offriva scuole, negozi e una Casa degli Scienziati che ospitava artisti in tournée. Per i fisici, le condizioni erano, per gli standard dell’epoca, decisamente privilegiate.
Come nacque il primo acceleratore
La costruzione iniziò nel 1961, con finanziamenti senza precedenti e sotto la guida di specialisti militari che avevano già esperienza in strutture simili. Così prese forma l’acceleratore U‑70 — oggi il più potente in Russia. L’impianto è un grande anello di circa un chilometro e mezzo, racchiuso in un colossale magnete da 20.000 tonnellate. Qui le particelle vengono accelerate a velocità prossime a quella della luce per studiarne le collisioni; i ricercatori testano anche gli effetti delle radiazioni sull’elettronica e sviluppano tecniche per colpire con precisione i tumori.
Perché serviva un collisore
La logica dell’acceleratore viene spesso paragonata allo smontare un giocattolo: per capire com’è fatto qualcosa, a volte bisogna romperlo. In fisica le particelle si scontrano a energie immense e i loro “frammenti” svelano processi al cuore della materia. Ma ricerche a quel livello richiedono tecnologie imponenti — e budget all’altezza. Per questo il passo successivo, il complesso UNK di acceleratore e accumulo, divenne il più grande cantiere dell’ultimo periodo sovietico.
L’ultimo anello dell’Unione
Nel 1983 iniziarono i lavori per un nuovo tunnel sotterraneo. Il piano prevedeva due anelli: l’esistente U‑70 e un gigantesco anello UNK da 20 chilometri. L’avanzamento fu lento fino alla decisione del 1987 di accelerare i tempi. Un anno dopo l’Unione Sovietica acquistò moderne talpe meccaniche e lo scavo procedette molto più rapidamente. Entro il 1989 la maggior parte dei tunnel era stata aperta.
Poi, all’inizio degli anni Novanta, il progetto si scontrò con una crisi finanziaria. Si tentò di metterlo in conservazione, ma persino questa misura risultò troppo costosa. Senza una manutenzione adeguata, gli stessi tunnel avrebbero potuto trasformarsi in un fattore di rischio per la regione.
L’anello fu chiuso — troppo tardi
Nel 1994 le squadre collegarono gli ultimi segmenti, completando di fatto il tunnel da 21 chilometri. Ma i fondi non bastavano più nemmeno per pagare gli stipendi. A segnare il destino dell’opera fu la decisione della Russia di partecipare alla costruzione del Large Hadron Collider in Europa: da allora le prospettive dell’UNK divennero incerte e terminarlo venne considerato economicamente privo di senso.
Cosa resta oggi
Una parte dell’infrastruttura dell’UNK giace abbandonata, mentre altre sezioni sono sorvegliate. Ogni anno vengono stanziati fondi per pompare via l’acqua e mantenere il sito in sicurezza. Le proposte spaziano dal rilancio come centro di ricerca alla trasformazione in un percorso turistico, ma si infrangono tutte contro lo stesso ostacolo: i costi.
Eppure l’U‑70 continua a funzionare. Resta un’infrastruttura di ricerca di rilievo, dove si svolgono ancora esperimenti di calibro internazionale — un promemoria tangibile di un’eredità scientifica che non si è spenta.